Ciao ragazzi, qualche giorno fa in classe abbiamo visto il film "Tempi Moderni" di Chrlie Chaplin. Il film, attinente alla seconda rivoluzione industriale, mi è piaciuto molto ed è per questo che ho deciso di scriverne un mio pensiero.
Con l’avvento della Seconda
Rivoluzione Industriale nei primi decenni del Novecento si affermarono sulla
scena mondiale nuovi tipi di macchine, invenzioni in tutti i campi, ma
soprattutto venne formulato il taylorismo, a cui conseguì creazione della
catena di montaggio nelle fabbriche.
Ma se da una parte quest’ultima
ebbe dei lati positivi come l’aumento della produttività, dall’altra costrinse
i lavoratori a sopportare ritmi frenetici e a compiere sempre la medesima
mansione alla catena.
Preso atto di ciò Charlie Chaplin
che decise di denunciare pubblicamente la situazione, riassumendo tutte le sue
idee in un unico e inimitabile film.
Realizzato durante la Grande
depressione, nel periodo in cui l’America stava passando una fase acuta di
povertà, disoccupazione e malessere, “Tempi Moderni” affronta un tema centrale
della società di quel tempo, il difficile rapporto tra individuo e la
modernità.
Infatti il protagonista Charlot,
il Vagabondo, decide di mettere fine alle sue peregrinazioni per andare a
lavorare in fabbrica, ma egli, incapace di adattarsi ai ritmi inumani, perde la
concezione di sé alienandosi.
E proprio riguardo
all’alienazione del lavoro è d’obbligo un riferimento a Marx, poiché anch’egli denuncia i mali del
sistema capitalista dove il lavoro non risulta più uno strumento di
realizzazione e libertà ma di alienazione e subordinazione.
Prendendo ad esempio la scena
iniziale dove Charlot lavora alla catena di montaggio si può notare che lui non
produce un oggetto dall’inizio alla fine, mettendoci del proprio, ma compie una
sola azione, che non gli dà soddisfazione, poiché non vede il risultato finale
della sua fatica. Anche la scena simbolica del gregge di pecore, che precede un
gruppo di operai che si dirigono in fabbrica è una chiara metafora di Chaplin
che fa capire molto sullo sfruttamento e sulla sostanziale passività di chi
lavora.

Il film parla anche della
felicità che secondo Chaplin viene raggiunta quando mangiamo a sazietà, abbiamo
una casa accogliente e un compagno o una campagna amorevoli. Il vagabondo e la
monella sognano la casa ideale dove tutto è pulito, dove possono cogliere mele
mature affacciandosi alla finestra e dove basta fare un fischio a una mucca
perché si fermi davanti alla porta di casa e si faccia mungere, dando latte
freschissimo. L’uomo e la donna siedono a tavola e mangiano sorridenti. Questa
è la felicità per il vagabondo. Ed è ancora enfatizzata l’importanza del cibo
quando la monella viene rincorsa per aver rubato un filone di pane, quando
Charlot ordina un’incredibile quantità di cibo per sé e per dei bambini sapendo
che non potrà pagare, per andare in prigione dove di sicuro mangerà, e quando,
dopo la riapertura delle fabbriche, dà da mangiare al suo superiore adesso
intrappolato nella macchina ferma, durante la pausa pranzo. Con questi gesti il
vagabondo ci fa riflettere su che cosa sia veramente importante nella vita.
Il film tocca un altro tema
importante: la miopia, l’egoismo e la cattiveria dei servizi sociali, della
polizia, della gente benestante. Si dovrebbe poter aiutare le persone in
difficoltà e invece queste vengono intrappolate in un sistema disumanizzato. Il
rapporto abbastanza surreale e difficile tra il vagabondo e la polizia, la
monella che viene allontanata dalle sue sorelline: le bambine hanno perso
entrambi i genitori, è una cattiveria dividerle, ma nessuno si pone il problema
e la monella scappa quando capisce che comunque perderà le sorelle. Una signora
benestante vede la monella rubare un filone di pane, non prova compassione,
chiama subito il poliziotto per denunciare il furto. Il poliziotto non riflette
neanche un secondo, non prova compassione a sua volta e insegue una ragazzina
vestita di stracci e scalza che ha rubato solo per fame. Il sistema è assurto:
mi chiedo a cosa serva arrestare chi ruba per fame se poi in prigione ha da
mangiare gratuitamente.
L’amore trionfa su tutto: questo
è il messaggio che Chaplin dà al suo pubblico; indipendentemente dalla condizione
sociale e dal modo di vivere, se si trova una compagna o compagno con cui
passare il resto dei giorni la felicità è assicurata. Un fantastico esempio è
la scena finale, dove la monella triste e disperata per aver perso l’unico
lavoro riuscito ad ottenere e le uniche prospettive della vita tanto sognata,
viene consolata da Charlot che con il sorriso in bocca incoraggia la sua
compagna a continuare e insieme s’incamminano verso una strada lunga e senza
fine, simbolo di un futuro all’insegna della speranza e dell’amore.