lunedì 28 ottobre 2013

“TEMPI MODERNI” un film di Charlie Chaplin



Ciao ragazzi, qualche giorno fa in classe abbiamo visto il film "Tempi Moderni" di Chrlie Chaplin. Il film, attinente alla seconda rivoluzione industriale, mi è piaciuto molto ed è per questo che ho deciso di scriverne un mio pensiero.
Con l’avvento della Seconda Rivoluzione Industriale nei primi decenni del Novecento si affermarono sulla scena mondiale nuovi tipi di macchine, invenzioni in tutti i campi, ma soprattutto venne formulato il taylorismo, a cui conseguì creazione della catena di montaggio nelle fabbriche.
Ma se da una parte quest’ultima ebbe dei lati positivi come l’aumento della produttività, dall’altra costrinse i lavoratori a sopportare ritmi frenetici e a compiere sempre la medesima mansione alla catena.
Preso atto di ciò Charlie Chaplin che decise di denunciare pubblicamente la situazione, riassumendo tutte le sue idee in un unico e inimitabile film.
Realizzato durante la Grande depressione, nel periodo in cui l’America stava passando una fase acuta di povertà, disoccupazione e malessere, “Tempi Moderni” affronta un tema centrale della società di quel tempo, il difficile rapporto tra individuo e la modernità.
Infatti il protagonista Charlot, il Vagabondo, decide di mettere fine alle sue peregrinazioni per andare a lavorare in fabbrica, ma egli, incapace di adattarsi ai ritmi inumani, perde la concezione di sé alienandosi.
E proprio riguardo all’alienazione del lavoro è d’obbligo un riferimento a  Marx, poiché anch’egli denuncia i mali del sistema capitalista dove il lavoro non risulta più uno strumento di realizzazione e libertà ma di alienazione e subordinazione.
Prendendo ad esempio la scena iniziale dove Charlot lavora alla catena di montaggio si può notare che lui non produce un oggetto dall’inizio alla fine, mettendoci del proprio, ma compie una sola azione, che non gli dà soddisfazione, poiché non vede il risultato finale della sua fatica. Anche la scena simbolica del gregge di pecore, che precede un gruppo di operai che si dirigono in fabbrica è una chiara metafora di Chaplin che fa capire molto sullo sfruttamento e sulla sostanziale passività di chi lavora.
Nulla è volto al benessere del lavoratore, ma esclusivamente all’interesse particolare dei padroni che vogliono aumentare la produttività utilizzando qualunque mezzo a loro disposizione, come vediamo nella scena in cui Charlot è preso come cavia per testare un dispositivo che dovrebbe essere in grado di nutrire gli operai mentre lavorano, al fine di guadagnare tempo e quindi anche denaro. Ma ovviamente l’esperimento risulta un fallimento con la rottura della macchina, quasi a simboleggiare che alla fine, anche la modernità ha i suoi difetti.
Il film parla anche della felicità che secondo Chaplin viene raggiunta quando mangiamo a sazietà, abbiamo una casa accogliente e un compagno o una campagna amorevoli. Il vagabondo e la monella sognano la casa ideale dove tutto è pulito, dove possono cogliere mele mature affacciandosi alla finestra e dove basta fare un fischio a una mucca perché si fermi davanti alla porta di casa e si faccia mungere, dando latte freschissimo. L’uomo e la donna siedono a tavola e mangiano sorridenti. Questa è la felicità per il vagabondo. Ed è ancora enfatizzata l’importanza del cibo quando la monella viene rincorsa per aver rubato un filone di pane, quando Charlot ordina un’incredibile quantità di cibo per sé e per dei bambini sapendo che non potrà pagare, per andare in prigione dove di sicuro mangerà, e quando, dopo la riapertura delle fabbriche, dà da mangiare al suo superiore adesso intrappolato nella macchina ferma, durante la pausa pranzo. Con questi gesti il vagabondo ci fa riflettere su che cosa sia veramente importante nella vita.
Il film tocca un altro tema importante: la miopia, l’egoismo e la cattiveria dei servizi sociali, della polizia, della gente benestante. Si dovrebbe poter aiutare le persone in difficoltà e invece queste vengono intrappolate in un sistema disumanizzato. Il rapporto abbastanza surreale e difficile tra il vagabondo e la polizia, la monella che viene allontanata dalle sue sorelline: le bambine hanno perso entrambi i genitori, è una cattiveria dividerle, ma nessuno si pone il problema e la monella scappa quando capisce che comunque perderà le sorelle. Una signora benestante vede la monella rubare un filone di pane, non prova compassione, chiama subito il poliziotto per denunciare il furto. Il poliziotto non riflette neanche un secondo, non prova compassione a sua volta e insegue una ragazzina vestita di stracci e scalza che ha rubato solo per fame. Il sistema è assurto: mi chiedo a cosa serva arrestare chi ruba per fame se poi in prigione ha da mangiare gratuitamente.
L’amore trionfa su tutto: questo è il messaggio che Chaplin dà al suo pubblico; indipendentemente dalla condizione sociale e dal modo di vivere, se si trova una compagna o compagno con cui passare il resto dei giorni la felicità è assicurata. Un fantastico esempio è la scena finale, dove la monella triste e disperata per aver perso l’unico lavoro riuscito ad ottenere e le uniche prospettive della vita tanto sognata, viene consolata da Charlot che con il sorriso in bocca incoraggia la sua compagna a continuare e insieme s’incamminano verso una strada lunga e senza fine, simbolo di un futuro all’insegna della speranza e dell’amore.

Le mie prime parole

Un saluto ai pochi lettori che visualizzeranno il mio blog. Io sono Alessio e per la prima volta voglio cimentarmi in qualcosa in cui sono sempre stato molto scarso: la scrittura. Detto questo potete capire come io non mi ritenga abile nello scrivere anzi il contrario. Il mio, principalmente, sarà un blog personale o dedicato a quel numero esiguo di persone che vorranno seguire le mie "avventure", quindi vi chiedo di non prendervala a male se a volte tratto argomenti che non vi interessano o in cui in non siete d'accordo.
Spero che i miei pensieri e le mie opinioni vi possano interessare. Ciao e al prossimo post.